Feste e tradizioni popolari
Le feste e le tradizioni popolari fra miti e leggende
La cucina tipica
La cucina popolare riguarda la storia e l’identità di un territorio e di una comunità
Mercatini dell’antiquariato
UNA TRADIZIONE CONSOLIDATA
Monastier, un comune della provincia di Treviso, è ricco di tradizioni popolari che riflettono la sua storia e cultura.
Le feste locali, spesso incentrate su cibi e bevande tradizionali, sono occasione di raduno per la comunità.
La musica e la danza popolare sono elementi vitali di queste celebrazioni, preservando e trasmettendo l’eredità culturale della regione.
Le manifestazioni di Monastier sono immersi nell’autenticità e offrono un assaggio della vera vita e tradizione veneta.
Se desideri scoprire l’anima autentica della Marca Trevigiana, non c’è modo migliore di farlo che attraverso i sapori e i profumi che questa terra ha da offrire. Preparati a un viaggio nel gusto e nella storia, dove ogni piatto e ogni sorso di vino ti porteranno più vicino alla ricchezza culturale e all’eredità enogastronomica di questa regione unica.
Non aspettare, inizia il tuo viaggio enogastronomico nella Marca Trevigiana oggi stesso!
La Marca Trevigiana è una regione che racchiude l’enogastronomia in una forma autentica e schietta, intrecciata con il tessuto culturale della storia e del paesaggio circostante. In questa zona, il cibo e il vino non sono semplici elementi di consumo, ma rappresentano una connessione profonda con le radici storiche e l’identità del territorio.
Uno dei tratti distintivi di questa regione è la varietà e la diversità della produzione vitivinicola e agro-alimentare. Qui, si trovano ancor vive molte tradizioni del passato, eventi e occasioni che rimandano all’essenza di una terra che ha fondamenti radicati nel lavoro nei campi e nell’arte della pastorizia.
Attraverso un’esperienza enogastronomica avrai l’opportunità di immergerti nelle profonde tradizioni culinarie e vinicole che hanno plasmato questa terra nel corso dei secoli. Ecco cosa puoi aspettarti:
“Batar Marso”, “Brusar Marzo” o “Ciamar Marso” sono espressioni che risuonano con l’antica tradizione legata all’inizio della bella stagione. Questo rituale è un modo per evocare il risveglio della natura e della terra dal sonno invernale, preparandola per la nuova semina.
Secondo questa antica usanza, nel mese di marzo le persone si recavano nei campi e per le strade con pentole, coperchi e altri oggetti, battendoli per creare il massimo rumore possibile. Questo gesto aveva lo scopo di spaventare e allontanare l’inverno, e di propiziare l’arrivo della primavera. Da qui l’origine dell’espressione “Batar Marso”.
Spesso, il frastuono era accompagnato da filastrocche propiziatrici, come ad esempio:
“Fora marso, chè april xe qua, fora l’erba da ‘sti prà.
Vegnì fora tuti, bei e bruti.
Femo casoto fin che riva sera, e ciamemo co forsa ea Primavera!”
Questa usanza ha radici nelle antiche culture etrusche e romane, coincidendo con l’inizio dell’anno. Secondo il calendario romano istituito da Romolo nel 753 a.C., l’anno iniziava a marzo, mentre nel 713 a.C. il re di Roma Numa Pompilio aggiunse i mesi di gennaio e febbraio.
La tradizione della “racola” o “raganella” venne utilizzata dagli Etruschi per fare rumore durante i rituali agrari di marzo, risvegliando la natura dal sonno invernale. Questo strumento oggi è usato dalla chiesa in luogo delle campane.
Nella Repubblica Veneta, “Ciamar Marso” segnava il primo giorno dell’anno, originariamente correlato alla fondazione di Venezia. Questa data coincideva con l’Annunciazione del Signore, nonché la leggendaria data della creazione del mondo.
Venezia celebrava il nuovo inizio istituzionalizzando il 1° marzo come Capodanno Veneto intorno all’anno 1000, una tradizione che perdurò fino alla conquista napoleonica nel 1797.
Questa tradizione ci ricorda il legame profondo tra l’umanità, la natura e il ritmo delle stagioni.
L’11 novembre è una data significativa in molti paesi italiani poiché si celebra la Festa di San Martino o l’Estate di San Martino. Questa ricorrenza unisce la liturgia cristiana alla tradizione contadina, celebrando l’apertura delle botti di vino novello e i piaceri della buona tavola.
San Martino di Tours visse nel IV secolo d.C. Nato in Pannonia, regione dell’Impero Romano ora parte dell’Ungheria moderna, fu un vescovo cristiano. Da soldato nell’esercito romano, divenne un cristiano fervente dopo aver tagliato il suo mantello a metà per donarlo a un mendicante. Questo gesto altruistico fu seguito da un sogno in cui gli apparve Gesù Cristo.
Dopo aver lasciato l’esercito, Martino intraprese il cammino della fede e divenne un cristiano devoto. Divenne un vescovo di Tours e dedicò la sua vita a convertire i pagani e a diffondere il culto cattolico, specialmente nelle campagne.
Questa festa, molto sentita in tanti paesi d’Italia, celebra l’eredità di San Martino e la tradizione contadina. È un momento di fermento nelle campagne, con l’apertura delle botti di vino novello e rinnovo dei contratti agricoli.
L’11 novembre, noto anche come l’Estate di San Martino, era spesso caratterizzato da giornate soleggiate e miti, segnando l’inizio di un periodo climatico più clemente, oggi diverso a causa del cambiamento climatico.
Questa festa offre l’opportunità di glorificare il santo e celebrare i frutti della terra e il cibo abbondante. Oltre ai bicchieri, si riempiono le pance con prelibatezze culinarie come carne alla brace, caldarroste e piatti tradizionali come l’oca.
Un aneddoto racconta che quando Martino venne acclamato vescovo, si nascose in un tugurio di campagna. Fu smascherato dalle oche che scorrazzavano per l’aia, e il rumore svelò la sua presenza. Da qui l’associazione delle oche con San Martino.
La festa di San Martino è particolarmente sentita a Venezia e dintorni, dove oltre alle cerimonie religiose si preparano dolcetti a forma di San Martino a cavallo, armato di spada.
Questa festa unisce la fede, la cultura e la tradizione culinaria, rappresentando un momento significativo nel calendario italiano.